giovedì 11 settembre 2025

La stanza dei bottoni

Questa posizione non mi ricorda niente di particolare. Non è un problema da risolvere. Eppure basta un niente per scatenare emozioni più o meno casuali, come l'imbarazzo o la rabbia. L'imbarazzo per aver giocato così male che chissà cosa il mio avversario pensa di me. La rabbia per aver giocato così male che adesso non capisco nemmeno più cosa ci sto a fare qui, perché è finita come è finita e perché è iniziata. Ma in fondo l'inizio è l'unica cosa a cui si può fare affidamento. L'inizio spiega quello che segue, lo illumina e ne delimita l'andamento. Come il servizio nel tennis, o la prima mossa di una partita di scacchi. L'inizio è così potente che domina persino l'identità, ciò che uno pensa di essere, perché in fondo non siamo condannati a un essere generico che trova proiezioni nelle singole situazioni, siamo invece sfuggenti a un'identità definita. Forse non ci credevo neanche all'epoca.

Voler vincere non è una cosa scontata. Ci sono situazioni, probabilmente molte o comunque almeno la metà, in cui dopotutto quello che voglio è perdere, farmi trascinare dagli eventi, essere uno spettatore della mia stessa vita, vederla passare davanti a me come un film di cui non sono il protagonista. Gli altri sono i protagonisti, ognuno di loro, non turbati da disequilibri o pensieri bloccanti fanno pura azione di se stessi, pura intenzione, e voce.

È impercettibile a volte, una lievissima sensazione si manifesta. Lievissima, quasi non c'è. Un dubbio nelle profondità dell'inconscio. Si può scegliere di ignorarla e ridere di lei, ma comunque ha trovato il suo posto. È un posto scomodo, è una posizione inutile, se ne parla come di un fiocco di neve che cade insieme alla pioggia e però si scioglie subito, anche prima di subito. Quasi non c'è e, se c'è stato, quasi non c'è mai stato. Ma qualcosa in qualche momento si è manifestato. E qualcuno ha preso una decisione durante l'esistenza insignificante di quel fiocco di neve freddo in mezzo a pioggia tiepida. E quella cosa che quasi non c'era ha comunque avuto un rigurgito di orgoglio nella sua quasi non esistenza. Una sensazione che è durata un secondo, meno di un secondo, e tuttavia era importante. Potrebbe esserci un'intera quarta dimensione invisibile, tutta fatta di neve, appoggiata su uno spazio tridimensionale fatto solo di pioggia, e fatalmente lo spazio tridimensionale è tutto quello di cui ho esperienza.

Il punto è che qualcuno ha deciso qualcosa su quel fiocco di neve e forse quel qualcuno non sono io. Ma non perché io non abbia il controllo sulla mia vita, forse io non esisto, esiste un agglomerato di materia organica che si rinnova periodicamente. Chi ha deciso dove mettere quel fiocco di neve avrà il potere quando quel fiocco si manifesterà in dimensioni maggiori, o minori, a seconda del punto di vista.

Forse non è che quel fiocco di neve quasi non esisteva, forse la verità è che io quasi non lo vedevo, ma c'era. Forse non sono mai stato attento, veramente attento, ho preferito ignorarlo. Razionalizzarlo. Ma qualcosa ha il controllo su quella sensazione, una sorta di intelligenza emotiva.

Il commediante da strada deve smettere di fare il coglione, camminare è una cosa seria. Ascoltarsi è una cosa seria. Cosa voglio? L'amore come prima scelta. Se non ce l'avete in magazzino, allora prendo una Ipa.

Penso che il giocatore abbia finito di fare la sua mossa, è sembrata un'eternità. Prima ero in una casella, adesso sono in un'altra, che ha anche un colore diverso. Devo essere un cavallo. Credo di essere ancora in gioco. Forse non ho ancora il controllo sulla mia vita, ma presto ne avrò di più. Presto capirò chi sono e che mosse posso fare, e forse un giorno giocherò la mia mossa autonomamente. Sono solo pensiero e niente azione? Se mi pongo questa domanda, la risposta probabilmente è sì.

domenica 1 aprile 2018

L'inizio della partita

Isotta è un sole di febbraio in Brasile. Non è chiaro come il pensiero si possa ridirezionare perché punti ad un unico scopo, e l'oggetto della sua paura la elude. Remo la chiama al cellulare, dopo aver passato imbarazzanti minuti senza sapere come digitare il numero o ormai come digitare la parola che la identifica. Non è importante sapere cosa si sta facendo o dove si sta andando, l'importante è rimanere fedeli alle proprie idee, e non smettere mai di giocare. Preme il tasto "chiama". Lei risponde, si scambiano sospiri e sorrisi che nessuno dei due può vedere. Comincia a piovere, il rumore alternante si scambia con le conversazioni d'occasione. Forse la nostra relazione è davvero uno scambio spirituale, e non c'è bisogno attendere che spiova. Uno scambio di parole che va oltre l'oggetto grammaticale e si perde in assuefazioni che forse nemmeno una sigaretta saprebbe dare. Il dialogo sembra precipitarsi verso un bacino accogliente di silenzio che poi in effetti dura una decina di secondi. Un silenzio dolce e interessante, in cui in qualche modo entrambi riescono a dimenticare che il loro alternato scambio di impressioni sul mondo convergerà in qualcosa di molto meno stratificato di quanto è sembrato al momento della sua creazione. Si è persa una goccia nell'acqua del bacino, ora è indistinguibile dalle altre e si cristallizza una sfera di coscienza, che alimenta quella che ancora non sa di essere infinita. Qualcuno piange. Ricomincia il dialogo, e la stratificazione riprende a fare il suo gioco, fuori dalla finestra l'andirivieni di gente che tutto sommato si accontenta delle briciole.

Facciamo così: tu frantumi il pane e io ne mangio le briciole. Se e quando sarai sazia o soddisfatta delle cadute emotive e intensità di cui comunque non hai mai fatto a meno mi farai un cenno e io smetterò senza nemmeno discutere.

Torna un nuovo silenzio tra i due, è ora di incontrarsi, stabiliamo le coordinate spaziali e temporali e atteniamoci ad esse, stiamo fedeli ad esse e manteniamoci stabili nell'attesa come se fosse vuota e la vita non la riempisse ad ogni secondo, giustificando se stessa ad ogni secondo e dando senso a tutto quello che a un'analisi raffinata risulta essere un vuoto di significato. Riagganciano. Remo prende la scacchiera ed esce di casa. Isotta apre la finestra e guarda le persone che animatamente discutono riguardo cose che riescono inspiegabilmente a preoccupare percorsi di elettricità che ricadono in forma liquida alimentando risposte e nuove domande. Il camminare cadenzato di Remo mentre si dirige a casa di Isotta non lo distrae da frenetiche sequenze di mosse sulla scacchiera, programmate e in fase di costruzione. La pioggia si dirige verso la sua fine, alimentando la creazione e allo stesso tempo dimenticando la meraviglia che l'ha introdotta nella vita di Remo nel momento in cui una sfera di coscienza stava lasciando il posto allo sgorgare inesauribile di idee interrotto da un'ennesima scelta sbagliata: probabilmente un giorno la vita di centinaia di persone sarà appesa a un'andatura, uno stile di slancio della gamba e la scelta di quale gamba slanciare per prima. La pioggia smette del tutto. Le due linee di elettricità si ricongiungono e scompare la luce. Remo bussa alla porta di Isotta e si prepara a poco premurose sequenze obbligate di scelte tutto sommato intercambiabili e poco importanti, ma che in realtà definiranno non solo la sua vita ma quella di tutti coloro che si accontentano di smuovere tremende onde di idee sfiorando l'aria con le dita.

domenica 23 aprile 2017

Cospirazione interna

I want to prove that I don't exist. For this it suffices to prove that I am a god, since then my non-existence will follow.
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Whosoever is delighted in solitude is either a wild beast or a god. (Aristotle)
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I am reduced to show that I am delighted in solitude and not a wild beast.


sabato 29 ottobre 2016

Domande

Come funziona un microscopio?
Cosa è piccolo?
Come si sta bene da soli?
Come si sta bene insieme?
Come si fa a collaborare?
Come si trova la propria passione?
Qual è la definizione di giusto e sbagliato?
E' più giusto dire sì o dire no?
Accettare o rifiutare?
Cosa ci fa sopportare lo stress?
Cosa significa lavoro?
Cosa significa svegliarsi?
Come interpretare i sogni?
Cos'è l'abisso?
Cos'è la solitudine?
Come si sceneggia un fatto?
Qual è il frutto più buono?
Qual è il condimento perfetto per l'insalata?
Cosa rappresenta il cielo?
Come si pensa in termini astratti?
Perché si pensa in termini astratti?
Come ci si sente a non bere caffè?
Cosa vorremmo fare se fossimo totalmente liberi di scegliere?
Cos'è la libertà?
Perché abbiamo paura di sbagliare?
Come si dà vita a una pagina di tecnicismi?
Qual è il tuo film preferito?
Qual è il tuo libro preferito?
Dio esiste?
Abbiamo poteri magici?

martedì 14 giugno 2016

Filosofismo 1

Sono entrato nel dipartimento origami. La prima cosa che ho visto è stato un libro che spiegava come fare gli origami, la seconda, uno scaffale di libri di origami, la terza, persone che insegnavano come leggere i libri di origami a chi non ha mai visto prima un origami. La quarta, una zona caffè per la pausa. La quinta, una fila di laureati in origami, la sesta, lezioni teoriche su come interpretare le istruzioni dei libri di origami. La settima, carta con teoria della carta con su scritto come si piega la carta. Nel corridoio ho visto uffici con piegatori automatici della carta, la spiegazione di temi tipici frutto del retaggio di secoli e secoli di piegatura di carta. Poi ho visto gente che si vantava di saper piegare la carta, persone che facevano a gara a chi sapeva piegare la carta meglio. "Io una volta ho piegato otto cigni in due ore", cose di questo tipo. Poi ho visto scaffali di cigni di carta. Poi ho visto diplomi di piegatura di carta in ogni ufficio in cui sono andato. Poi ho sentito lezioni teoriche su come insegnare a piegare la carta. Era evidente che ero in un centro di piegatura di carta, dove evidentemente tutti sapevano piegare la carta e anzi erano esperti di questo settore. Ho visto piegatori di carta inizianti, avanzati, esperti, e titolari. Ho visto avanzamenti di carriera. Ho visto radunarsi le persone a decine per decidere come suddividersi i compiti di diffusione del piegamento della carta ai meno esperti, iniziative culturali di diffusione della storia del piegamento della carta, macchine piegatrici, fogli che si piegano da soli, scatole di carta in fila, stelle, poliedri, teorizzazioni del piegamento della carta. Esperti costruttori di macchine piegatrici. Uffici di gestione del personale, segreterie, uffici di coordinamento corsi, tesorerie.

Non per dire, ma non ho visto quasi nessuno piegare la carta. Ho visto persone che parlano di piegare la carta, ho visto persone che parlano di persone che hanno piegato la carta, e di quanto siano brave loro o le altre a piegare la carta. Ho visto insegnare a piegare, insegnare a insegnare a piegare e insegnare a insegnare a insegnare a piegare. Ho visto manifesti con origami bellissimi, foto di piegamenti straordinari, foto di piegatori straordinari, foto di annunciatori di piegatori straordinari e foto di annunciatori di annunciatori di piegatori straordinari. Ho visto studi minuziosi sulla vita dei grandi piegatori. Non ho visto piegatori. Quello che voglio dire è che ho visto moltissima teoria su come si piega la carta e i suoi risultati, ma non ho visto nessuno che la piegasse veramente. Al massimo ho visto novizi tentare e non novizi ridacchiare. Sembra che si possa piegare la carta solo finché non si venga considerati in qualche misura esperti piegatori, poi si prende il diploma e non lo si piega (si potrebbe mai piegare un diploma? Farne una gru che batte le ali?), e probabilmente si arriva a una tale venerazione della carta che piegarla diventa quasi un sacrilegio, anzi, chi prova a piegarla è in qualche modo dissuaso dal farlo.

Ho visto esperti piegatori sorridere con condiscendenza verso i novizi che approcciano l'arte, e a una richiesta esplicita di aiuto li ho visti far scendere il baricentro col respiro come a dire "adesso ti trasmetto tutto il mio sapere", ho visto contenitori venire riempiti e tappi venire avvitati, ho visto volumi di spazio venire occupati esattamente. Ho visto spazi definiti programmare il loro riempimento fino all'ultimo strato. Ho visto teorici teorizzare, filosofi filosofare e ho visto praticare l'arte del saper insegnare a praticare la teorizzazione del trasmettere ad essere capaci di fare, ma non ho visto fare, non ho visto far fare, non ho visto piegatori piegare, non ho visto pratici praticare, in sintesi, tra chi ha voglia di fare ho visto un sacco di paura di sbagliare. A me a volte sembra che i nuclei d'azione funzionino come frutti di buccia ultra spessa che più che proteggere il nucleo lo nascondono e lo strozzano, mentre ne tessono le lodi a chi non ne sa niente.


domenica 5 giugno 2016

Archetipi 2

Rieccomi davanti al bianco candido e sverginabile. Di cosa parliamo oggi? Abbiamo già aperto due porte, che sono gli Archetipi e lo Zen. Vogliamo aprirne un'altra o rimanere attaccati a queste due? Oggi ho riguardato Magnolia, che è il mio film preferito da un anno ormai. Probabilmente il mio film preferito non cambierà ancora per un po'. Mi piace avere un film preferito e un libro preferito. Il mio libro preferito è probabilmente Cent'anni di Solitudine, ma di recente ho letto I Fratelli Karamazov e devo dire che ha i numeri per contendere il primo posto all'altro. Dunque, come dicevo ho guardato Magnolia di nuovo, sarà forse la quinta volta. Non lo considero un film triste, anche se potrebbe benissimo essere considerato triste, e a ragione. A me piacciono le cose che vanno in profondità, perché il mondo non si può capire con immediatezza. L'immediato è la superficialità pura, non mostra niente. La corrente a cui oggi molti stanno aderendo è quella dell'immediatismo. E' un errore madornale e non meritiamo di commetterlo. L'illuminazione viene dopo almeno un'ora che si è immersi in qualcosa. Aspettarsi di essere illuminati dopo un minuto è pura illusione. Pura illusione.

Il centro della settimana è il mercoledì. Non abbiamo ancora scoperto nuovi giorni della settimana. Continuerà tutto a rimanere fedele alla divisione che abbiamo deciso, e non cambierà per una quantità ragionevole di tempo. Lo so che ho cambiato paragrafo, ma continuerò a parlare di film. Ultimamente sto guardando molti film. A parte Magnolia, gli ultimi tre che ho guardato e che mi sono in qualche modo rimasti impressi sono Kynodontas, che è uno dei film più strani che ho mai visto, e che probabilmente farò fatica a dimenticare (mi ricorda The Lobster, che è stranissimo pure quello), Inside out, la cui scena finale mi ha fatto piangere (per circa dieci minuti), e Il colore dei soldi, che ho trovato interessante anche se non straordinario. Guardare film è al momento il mio modo di rilassarmi e prendere una pausa dalla frenesia delle attività quotidiane. Ultimamente ho anche regalato una stella di carta. Forse farò qualche altro origami questi giorni.

Sottovaluto sempre l'importanza del sabato e della domenica. E' vero che la matematica mi riempie la vita, ma non mi devo dimenticare di quanto siano importanti anche le altre cose che colorano il mondo, per esempio le piante, gli animali e le persone. Quello che ci fa sentire vicini agli altri esseri viventi è l'appartenenza allo stesso regno, e ci schieriamo a seconda della specie a cui apparteniamo. Tempo fa fumavo ogni tanto, adesso non ci riesco più. Lo considero una cosa positiva. Secondo me fumare ha molto a che vedere con l'abbandono alle emozioni e la ricerca del provare qualcosa, quando non si ha voglia o capacità di indurre lo stesso effetto usando altri strumenti. In ogni caso questa settimana sono uscito un discreto numero di volte e non dovrei pensare troppo al fatto che sinceramente oggi ho voglia di stare qui a formulare pensieri usando parole. Ho sognato molte cose interessanti. La ricerca del nuovo, il progresso, sono esattamente quello che fa andare avanti il mondo, e non c'è bisogno di dire (anche se in realtà ce n'è un bisogno enorme) che rimanere attaccati a quello che già esiste è un ottimo modo per allontanarsi dalla comprensione del mondo. L'eterno amore è concentrato, produce amorincelli, soffici cumuli di pace che dedicano la loro esistenza al respiro. Inspirare, espirare. Il mondo dopo tutto si riduce a questo archetipo.


domenica 1 maggio 2016

Zen 1

Forse sono stato troppo ottimista quando mi sono proposto di scrivere una cosa al giorno. Forse è meglio rimanere su una cosa alla settimana. Oggi vorrei parlare di archetipi, perché gli archetipi sono una cosa che mi affascina. Ma non so esattamente come ci arriverò, dovrò prima sbrogliare la matassa. Oggi sono andato all'assone e ho fatto un giro in bicicletta, ho preso una bottiglietta di acqua di cocco per sei reais e ho ascoltato un signore che mi raccontava che l'educazione non viene dall'apprendimento ma dal pensiero, e altre amenità. Ricordo di aver cercato di definire l'intelligenza, perché ne avevo bisogno per conversare con un'amica - so che ci sono già tentativi di definirla, ma secondo me una caratteristica irrinunciabile e direi quasi caratterizzante dell'intelligenza è data dalla capacità - o meglio dalla voglia - di ascoltare. Non si è mai capito abbastanza e non si sa se si capirà mai tutto, ma la cosa irrinunciabile è ascoltare. L'intelligenza emotiva è la voglia di ascoltare se stessi. Ho sistematicamente rimpiazzato "capacità" con "voglia" in ogni mia formulazione, forse perché a questo punto della mia vita, nel mezzo dell'ikigai della mia vita, mi sono reso conto che arrivati veramente al punto, quello che discrimina tra l'essere e il non essere non sono le condizioni al contorno, non è la sfortuna - è la propria volontà. La volontà è inaudita. Ha un potere enorme e in ogni momento di disperazione dovremmo ricordarci che dentro di noi vive uno gnomo che fa succedere le cose semplicemente schioccando le dita - bisogna solo alimentarlo della volontà di far succedere una cosa specifica.

La mia arma è la penna. Lo è sempre stata. C'è una differenza enorme tra leggere e scrivere. Io vivo per quella sensazione di libertà immensa che mi dà un foglio bianco (senza righe né quadretti) e in mano una penna. Dicono che dovrei comprare una penna seria, ma avrei paura di perderla. Il bello delle penne usa e getta è che costano poco, e te ne puoi riempire la casa e le tasche. Puoi averne una in mano mentre vai al lavoro. Mi piacciono le penne. Detto questo, stavo parlando di archetipi, ma ancora non so se è arrivato il momento giusto. A volte sono completamente in balia della noia e della pigrizia - seguo le linee di minima energia - il principio dell'energia minima, non per niente dalle Lagrangiane si può ricavare l'equazione del moto. A volte mi faccio pena perché la mia felicità in genere segue direttamente dalla mia realizzazione lavorativa, nel senso che ne traggo troppo spesso stimoli emotivi che forse dovrei cercare altrove. In ogni caso oggi ho comprato una lampada di sale e ho letto un sacco di storie Zen, come per esempio questa.

Joshu chiese al maestro Nansen: "Qual è la vera Via?"
Nansen rispose: "La via di ogni giorno è la vera Via".
Joshu chiese: "Posso studiarla?"
Nansen rispose: "Più studi, più ti allontani dalla Via".
Joshu chiese: "Se non la studio, come posso conoscerla?"
Nansen rispose: "La Via non appartiene alle cose che si vedono; né alle cose che non si vedono. Non appartiene alle cose conosciute; né alle cose sconosciute. Non cercarla, non studiarla, non nominarla. Per trovarti su di essa, apriti immenso come il cielo".

L'ho presa da GEB, Goedel Escher Bach.

Mi è venuto in mente che la legittimità di una storia Zen è perlopiù il fatto di chiamarsi storia Zen, e non è così difficile scrivere storie Zen se si entra nello spirito. Fatemi provare. Spero che la voglia di provare non si esaurisca con l'esaurirsi dell'eccitazione della novità.

Un monaco chiese al maestro Nagi: "Maestro Nagi, qual è lo scopo della vita del monaco?"
Il maestro Nagi rispose: "Lo scopo del monaco è bagnarsi all'acqua della fonte."
Il monaco rispose: "Oggi credevo di aver raggiunto l'illuminazione nel bagnarmi alla fonte del fiume, ma purtroppo la sensazione è durata solo pochi secondi."
Il maestro Nagi rispose: "Questo è perché tu vuoi risposte, l'ho letto nei tuoi occhi."
Il monaco chiese: "Non è forse il senso di una domanda quello di ottenere una risposta?"
Il maestro Nagi rispose: "no".

Presumibilmente l'illuminazione è tanto più valevole quanto più dura la sensazione di temporanea soddisfazione. Io non la penso così. Io penso che ogni giorno moriamo e rinasciamo moltissime volte, e ogni soddisfazione è sigillata di morte e rinascita, e per questo ha senso, per questo nessuna soddisfazione è temporanea, nessuna emozione ha una durata limitata.

Ikigeshi- Maestro Nagi, una volta raggiunto lo scopo cosa ne sarà della mia vita?
Nagi- Una volta raggiunto lo scopo morirai.

Forse le parole non sono poi lo strumento più preciso per descrivere il mondo.