Mi spiegò che essere senza scarpe è una colpa molto grave. Quando c'è la guerra, a due cose bisogna pensare prima di tutto: in primo luogo alle scarpe, in secondo luogo alla roba da mangiare; e non viceversa, come ritiene il volgo: perché chi ha le scarpe può andare in giro a trovar da mangiare, mentre non vale l'inverso. - Ma la guerra è finita, - obiettai: e la pensavo finita, come molti in quei mesi di tregua, in un senso molto più universale di quanto si osi pensare oggi. - Guerra è sempre, - rispose memorabilmente Mordo Nahum.
E' noto che nessuno nasce con un decalogo in corpo, e ciascuno si costruisce invece il proprio per strada o a cose fatte, sulla scorta delle esperienze proprie, o altrui assimilabili alle proprie; per cui l'universo morale di ognuno, opportunamente interpretato, viene a identificarsi con la somma delle sue esperienze precedenti, e rappresenta quindi una forma compendiaria della sua biografia. La biografia del mio greco era lineare: quella di un uomo forte e freddo, solitario e loico, che si era mosso fin dall'infanzia per entro le maglie di una rigida società mercantile. Era (o era stato) accessibile anche ad altre istanze: non era indifferente al cielo e al mare del suo paese, ai piaceri della casa e della famiglia, agli incontri dialettici; ma era stato condizionato a ricacciare tutto questo ai margini della sua giornata e della sua vita, affinché non turbasse quello che lui chiamava il "travail d'homme". La sua vita era stata di guerra, e considerava vile e cieco chi rifiutasse questo suo universo di ferro. Era venuto il Lager per entrambi: io lo avevo percepito come un mostruoso stravolgimento, una anomalia laida della mia storia e della storia del mondo; lui, come una triste conferma di cose notorie. "Guerra è sempre", l'uomo è lupo all'uomo: vecchia storia.
[Tratto da 'La Tregua']