venerdì 22 marzo 2013

Arancia

Ho trovato un buon modo per accorgersi che il linguaggio, oltre ad essere un'opinione, è fortemente legato al contesto al punto da coincidere col contesto in certi casi. Nel senso che se sei nel contesto giusto, la cosa che vuoi trasmettere non richiede esternazioni vocali, e se sei nel contesto sbagliato, non verrai capito per quanto chiaro tu sia. Il modo è questo: entrare in un bar, diciamo nel veneto, e ordinare un'arancia. Ti capiterà di dover ripetere la parola "arancia" fino a due volte (quindi dirla tre in totale). Guardando la loro faccia ho capito che non sono loro a non capire, sono io che uso parole senza senso. La parola "arancia" in quel contesto non ha senso. E stiamo parlando di posti in cui le arance sono esposte in vetrina. Le mie esperienze:

1. Ordino un'arancia, ripeto la parola "arancia", mi viene detto che le arance non sono in vendita.

2. Ordino un'arancia, mi chiede "succo d'arancia?", dico "no, un'arancia", mi chiede "spremuta?", dico "no, un'arancia", mi dà un'arancia con la faccia sconcertata e me la fa pagare un euro.

3. Ordino un'arancia, ripeto "un'arancia" due volte, mi dice che le arance non sono in vendita, poi me ne regala una e io ordino un decaffeinato (per potermi sedere).