martedì 25 gennaio 2011

La fine della partita.

Remo è appassionato di quel piccolo gioco che di solito ama tenere sospeso coi polsi e fissare per interi minuti. Lo considera arditamente un'immagine epimorfa del suo insano essere in vita. Isotta non lo sta guardando. Lei ha lo sguardo serenamente perso nei colori del tramonto imminente, e rabbrividisce ogni tanto, più per l'abitudine che per il freddo, si dice. Un colpo di vento solleva i loro capelli per un paio di secondi, poi Remo alza un braccio: sta finalmente per muovere. La mano rimane sospesa prima della scelta proprio nel tempo in cui lei capisce che il suo brivido è stato causato dal freddo e ne sente altri. Remo sceglie, fa la mossa conseguente alla sua scelta e riappoggia il braccio sulle gambe, adiacente all'altro. Si raccoglie in sé pronto agli spifferi e le guarda la fronte. Lui è a conoscenza di un solo motivo per cui si trova seduto con lei a giocare durante un freddo tramonto in febbraio. Nel tempo che separa la mossa di lui da quella di lei, Remo cerca i motivi per cui si trova dove si trova diversi da quello che conosce ormai abbastanza bene. La mossa di Isotta lo riporta sulla panchina di marmo, a sentire tutte le responsabilità che la realtà del gioco gli fa pesare ormai con frequenza costante. Forse era questo, si dice, devo difendere il raggruppamento dei pezzi ma sono fin troppo estraneo alla situazione, e che freddo, il sole ormai non si sente più. Si accorge che la sua minaccia simbolica è stata sventata con la stessa mossa che ne ha create due effettive ai suoi danni. Nel momento stesso in cui si accorge che non può difendersi da entrambe capisce che non ci sono motivi per cui si trova dove si trova diversi da quello che conosce ormai troppo bene. Allora la guarda mentre Isotta trema e sbadiglia. Non c'è più niente da capire, si è disilluso e l'umiliazione non lo perdona. Remo sceglie quale minaccia parare, poi cambia idea e para l'altra muovendo rozzamente, con un unico scopo. Non è ormai più capace di perseguire più obiettivi con una sola azione. Persa del tutto la multivocità, smette di pensare e le guarda la giacca. Il sorriso che lei gli fa dopo aver mosso e tremando gli fa capire che non ha più motivi per restare, e si alzano insieme. Ora gli è tutto chiaro, ogni incertezza si è dissipata e può lasciare spazio alle fitte. Arrivato a casa sette ore dopo si annota la verità impietosa ma fin troppo evidente che lo ha tormentato con continuità durante il viaggio: che l'amore è una mossa che minaccia una cosa sola. Ma la sua costruttiva tristezza gli darà qualcosa di più dell'arrestarsi di uno svuotato rabbrividire.

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